sabato 13 gennaio 2018

Casteltermini

Cateltermini, Agrigento - Sicilia

Posta lungo la valle del Platani e adagiata in una conca a circa 500 metri sui monti Sicani, Casteltermini viene fondata nel XVII sec dai Termini, nobile famiglia da cui deriva il nome del paese.  La cittadina ospita circa poco meno di 9000 abitanti e nel territorio circostante vi troviamo miniere di salgemma e di zolfo. Dal punto di vista storico-artistico Casteltermini ospita diverse chiese molto interessanti. In Piazza Duomo troviamo la Chiesa Madre ( XVII sec ) intitolata a S. Vincenzo Ferreri, la quale ospita, tra le altre cose, due grandi tele del Velasquez raffiguranti la Donna adultera e La profanazione del tempio.  Le due tele furono donate da un certo signor Forcalle, che fu un ricco amministratore del duca Diego Pignatelli Aragona Cortes, duca di Terranova, allora barone di Casteltermini. Si ricordano inoltre altre due chiese, ovvero quella di S. Antonio da Padova e quella intitolata ai Santi Cosma e Damiano. Particolarmente suggestiva, per lo stile barocco, è la chiesa di S. Giuseppe, costruita nell'anno 1641.Il suo prospetto semicircolare è ricco di colonne, di cornici e di balaustre. Caratteristica è la scalinata, il maestoso portale e la torre campanaria con il suo  grande orologio. Ai lati della facciata troviamo visibili due nicchie una volta occupate da due statue scolpite in pietra raffiguranti San Giuseppe e il Cuore di Maria. All'interno della chiesa è possibile ammirare due bellissime statue scolpite in legno: Il sacro Cuore di Maria e San Giuseppe, entrambe le opere furono realizzate dello scultore Rosario Bagnasco.
Poco distante dal centro abitato troviamo l'eremo di Santa Croce all'interno del quale è custodita un'antichissima croce lignea di origine paleocristiana ( I sec d.C ). Tale manufatto ligneo è una delle croci più antiche al mondo e ancora esistenti. La Santa Croce viene venerata ogni anno, nel mese di maggio, nell'ambito della festa denominata Tataratà. Tali festeggiamenti rievocano il mitico ritrovamento dell'antica Croce.  L'intera festa, dal sapore saraceno, è accompagnata da una precisa sequenza ritmica di tamburi ( da qui il nome Tataratà ). Sempre i tamburi accompagnano ritmicamente un gruppo di danzatori in costume arabo e armati di vere sciabole; tali danzatori si cimentano in una sorta di danza-battaglia in cui troviamo l'uso della spada e movimenti coreutici di coppia o di gruppo. Le esibizioni, dal ritmo frenetico, posso essere anche pericolose alla visti di chi guarda.  Tuttavia l'esibizione è realizzata da diversi danzatori che periodicamente si allenano all'uso della sciabola. La presenza dell'elemento arabo all'interno di tale celebrazione cristiano-cattolica rappresenta certamente un sincretismo culturale, ovvero la pacifica convivenza tra etnie e religioni diverse nel periodo arabo-normanno. La festa del Taratatà è una delle più suggestive dell'agrigentino, da vedere almeno una volta nella vita.

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