venerdì 25 gennaio 2019

Teatro della Posta Vecchia di Agrigento - Il 26 e il 27 Gennaio in scena " Io sono Verticale ", la rassegna teatrale Mariuccia Linder

Teatro della Posta Vecchia di Agrigento - Il 26 e il 27 Gennaio in scena " Io sono Verticale ", la rassegna teatrale Mariuccia Linder


Sabato 26 gennaio 2019 alle ore 21:00 e domenica 27 gennaio 2019 alle ore 18:00 al Teatro della Posta Vecchia di Agrigento, quinto appuntamento con la rassegna teatrale “Mariuccia Linder - Una vita per il teatro il teatro per la vita”, organizzata dall’Associazione Culturale TeatrAnima di Agrigento e dedicata a Mariuccia Linder, attrice agrigentina prematuramente scomparsa nel maggio del 2011.

In scena "Io sono Verticale" , con Alessandra Barbagallo. Regia Silvio Laviano. Scene e Costumi Vincenzo La Mendola. Assistente alla regia Gabriella Caltabiano. Progetto fotografico Gianluigi Primaverile. Progetto grafico Maria Grazia Marano. Illustrazione Graziano Messina (Grace Mex). Comunicazione Stefania Bonanno. Produzione Progetto S.E.T.A. (Studio Emotivo Teatro Azione) in collaborazione con Associazione Culturale Madè - Catania.
- Posto unico € 10,00
- Info e prenotazioni:
- Teatro delle Posta Vecchia Agrigento: 0922 26737
- Associazione Culturale TeatrAnima Agrigento: 3270044269

Io sono Verticale. 
E se la Bella addormentata non si risvegliasse dopo il bacio del principe? Se Cenerentola non calzasse mai quella scarpetta? Se il lupo avesse digerito Cappuccetto Rosso? Se il cacciatore avesse strappato il cuore dal petto di Biancaneve? "Io sono Verticale" è questo. Una favola fallita senza morale. Il sogno di una donna che racconta la “sua” storia confidando nel lieto fine che ogni bambina spera. La drammaturgia originale è liberamente ispirata alla poetica di Sylvia Plath e alla sua biografia. La Plath è stata vittima consapevole di un mondo maschile che ha sempre deciso per Lei, un mondo che l’ha censurata, l’ha arginata e costretta nel ruolo di casalinga disperata sfornante torte di mele. Non è riuscita mai, fino in fondo, a esternare e a rendere completamente pubblico il suo pensiero. E così nasce “Io sono verticale”, un diario emotivo che l’Attrice/Donna agisce e rivive un racconto bulimico condito da parole morsicate, vomitate e sognate. Il Forno dentro il quale la Plath morirà suicida si trasforma in una piccola dimora/badia riecheggiante l’archetipo di una Favola Rosa. Ma Sylvia voleva davvero uccidersi? Forse desiderava solo, in una sofferenza narcisistica, urlare al suo microcosmo che esisteva, che pensava, che cuoceva idee con la sua di testa…dentro il suo di forno? Per un uomo raccontare scenicamente questa storia non è cosa semplice, bisogna evitare di giudicare sempre un personaggio e il suo percorso, ho cercato di assecondare i miei ricordi di bambino e di quelle bambole che tutte le femmine di casa custodivano gelosamente, su una mensola, sopra un letto…chiuse a chiave o strette tra le mani di una cuginetta. E se quel bimbo capriccioso avesse rapito una di quelle bambole? Se avesse dato fuoco alla casetta profumata di Tè e pasticcini? Se avesse chiesto un riscatto minacciando di strappare a morsi il cuore della bambola con occhi di vetro? Così ho agito nei confronti della Storia e di quella magnifica bambola/attrice che ha partorito questa favola accentando il suo principe/regista/carnefice. E solo un’Attrice generosa e coraggiosa come Alessandra Barbagallo può permettersi una sfida tanto ardua, avendo il coraggio di mordere questa mela. In un’epoca dove il Femminicidio è un tema, a mio avviso, troppo ab-usato, abbiamo deciso con questo spettacolo di raccontare la violenza più sottile ma anche più comune e abituale nel rapporto uomo/donna, vittima/carnefice, Principe/Principessa: il controllo psicologico attraverso un ricatto affettivo. Il vero “femminicidio” parte da una manipolazione che il bambino/carnefice attua costringendo la Donna/Bambola innamorata e sordocieca. E Se mordere la Mela avvelenata fosse l’unica vera salvezza? Forse bisognerebbe semplicemente tenere le scarpette strette ai piedi e accettare che il “lieto fine” non è obbligatorio né lastricato di mattoni gialli “svedesi”. (Silvio Laviano)

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